Il blog di Weast TV: la televisione che vive sul web. This is the blog of Weast TV: showing the world on the web.
sabato 26 aprile 2014
domenica 20 aprile 2014
How many minutes three years of war - Part 2
The second part of our Web Doc How many minutes three years of war is now online. Please check it out on our Youtube channel. To watch click HERE.
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© 2014 weast productions |
sabato 19 aprile 2014
Quanti minuti - Parte seconda.
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La versione inglese sarà caricata domani.
English version will follow soon (on Sunday).
venerdì 18 aprile 2014
How many minutes three years of war.
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Quanti minuti tre anni di guerra.
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giovedì 3 aprile 2014
Stressante. Come la guerra. Un video Weast TV.
Nessuno torna a casa uguale dopo
essere stato in guerra. Uguale a prima. Sei una persona diversa. Questa volta non
parliamo dei civili, che non posso tornare a casa, perché è lì che
di casa stanno, dove si consuma una guerra. Parliamo dei
soldati. Lo spunto ce lo dà la sparatoria avvenuta nella base
americana di Fort Hood, Texas, dove un soldato, Ivan Lopez, ha ucciso
sparandogli tre suoi compagni. Pare che ci sia stata una lite, prima.
E circola voce che Lopez soffrisse del Disturbo da stress post
traumatico (in inglese Post Traumatic Stress Disorder, PTSD). Aveva
passato un periodo in Iraq, un turno, come si dice, con la divisa
dell'esercito americano. In guerra non c'è nulla che non lasci un
segno: un combattimento, una sparatoria, un'operazione speciale, la
perdita di un compagno, la consapevolezza (accettata o meno) di avere
ucciso dei civili, la constatazione che stai cambiando, che non sei
più quello di prima. La paura: forse è proprio questa a cambiarti.
Quando un soldato imbraccia un fucile ha paura, ma è una paura
diversa. Forse un pilota di elicottero o di caccia non ha paura,
troppo lontano, soprattutto l'ultimo. Anche i piloti hanno paura
quando sono a terra. È una paura uguale a quella che invade i
soldati sorpresi da un attacco mentre fanno ginnastica, o bevono un
caffè o scambiano due parole fingendo di essere al sicuro.
La sequenza filmata che vi proponiamo
l'aveva girata Gianluca in una base militare americana in
Afghanistan. La potete vedere QUI sul nostro canale Youtube. Le immagini iniziano pochi secondi dopo che due razzi
sono caduti in rapida successione all'interno della base, annunciati
da un fischio terrorizzante, più di un fischio un urlo, terribile, e
poi l'esplosione, con l'aria che ti spinge e tu che inizi a correre
contando i secondi fino al terzo impatto, corri e ti dici che deve
andarti bene, anche questa volta, che sarebbe una cazzata pazzesca se
andasse al contrario.
Corri cercando uno dei rifugi creati con quattro
blocchi in cemento, e insieme a te corrono soldati in calzoncini e
t-shirt, sorpresi dalla minaccia e dalla improvvisa paura della
morte. Il rifugio diventa una sorta di casa: quattro pareti
domestiche fra le quali sfogarsi e confessarsi. È il caso del
soldato con gli occhiali neri (quello che nella sequenza filmata
stringe in mano il portamonete, era al bar durante l'attacco):
l'audio è disturbato dal rumore degli elicotteri che si sono subito
alzati in volo, ma si capisce, si capisce la sua esasperazione, la
voglia di tornarsene a casa, di farla finita con questa “merda”
(“shit”), la paura di “quei figli di puttana”
(“motherfuckers”) che lanciano razzi, paura che diventa
espressione fisica nel calcio sferrato a una bottiglietta d'acqua; e
poi il ricordo del periodo trascorso in Iraq (a Mosul), paura per la
presenza costante degli attentatori suicidi, scene rievocate nel
rifugio esterno. È tutto troppo, anche per un soldato.
Nelle parole degli altri soldati il
commento dell'attacco appena avvenuto: “ci siamo andati vicini”, "dobbiamo andare a vedere se qualcuno è rimasto ferito, se ci sono dei morti". E il silenzio del giovane soldato afgano, che dapprima cerca di
calmare il suo compagno americano mettendogli una mano sulla spalla,
poi si ritira. E fuma. E pensa. Infine, dagli altoparlanti, l'”all
clear”, il “tuttoapposto”, potete uscire dalle vostre casette
in cemento armato. E fare ritorno alla vostra vita di soldati. Che
non possono avere paura, non possono ammetterla. Se te la porti
dentro corri il rischio che ti spezzi. Per superarla, per vincerla,
per fare in modo che se ne vada e ti lasci in pace, ora che sei
tornato a casa, questa paura e tutti gli incubi che si porta appresso,
per superarla sei pronto anche a tornare indietro, in quel paese dove
non si faceva altro che sparare e farsi sparare. Solo che qui sei in
Texas. Dove non ci sono nemici. A meno che la guerra ti ha cambiato
così tanto da farti passare per nemico, ai tuoi occhi. Nemico di te
stesso. E nemici tutti gli altri. Un'allucinazione, che non molla. Bastarda come nient'altro.
Troppa roba per un essere umano, la guerra.
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